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Anagrafica

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Nome ufficiale: Repubblica Islamica dell’Iran
Capitale: Teheran
Superficie: 1.628.771 km2
Densità 49,5 ab/km2
Confini: Afghanistan, Armenia, Azerbaigian, Iraq (Governo Regionale del Kurdistan), Pakistan, Turchia, Turkmenistan; si affaccia a nord sul Mar Caspio, a sud sul Golfo Persico e sul Golfo di Oman
Popolazione: 81.672.300
Composizione etnica: Persiani (34,9%), Azeri (15,9%), Curdi (13%), Luri (7,2%), Gilaki (5,1%), Mazandarani (5,1%), Afghani (2,8), altri 16%.
Forma di governo: Repubblica islamica teocratica presidenziale
Lingue ufficiali: Farsi
Religioni: musulmani (99,4%), cristiani (0,2%), altri (0,4%)
Aspettativa di vita: 73,2 anni
Tasso di natalità: 19 (nati/1000 abitanti)
Servizio militare: 18 anni per il servizio militare obbligatorio
Scolarizzazione: 74,3%
Unità monetaria: Riyal iraniano
PIL: 366. 259 miliardi di dollari
Tasso di crescita del PIL: 3,7%
Debito pubblico/ PIL: 39,5%
Export partners: China 27,5%, India 15,1%, South Korea 11,4%, Turkey 11,1%, Italy 5,7%, Japan 5,3%
Import partners: UAE 29,8%, China 12,7%, Turkey 4,4%, South Korea 4%, Germany 4%

Istituzioni

Sostenuto dall’amministrazione americana di Roosevelt, nel 1941 lo Scià Reza Pahlavi, insediatosi come monarca, diede inizio a una lunga fase di occidentalizzazione dell’Iran, che raggiunse il suo apice durante gli anni ’60. Nel gennaio 1979 lo Scià fu costretto all’esilio da una sollevazione popolare, guidata dal carismatico leader sciita, l’ayatollah Khomeini; a seguito del referendum del 30 marzo 1979, l’Iran divenne una Repubblica islamica.

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La Carta costituzionale del 2 dicembre 1979 ha sancito la supremazia del clero sciita sulle istituzioni laiche statali. Al vertice della Repubblica vi è il Rahbar, la Guida religiosa suprema nominata a vita dall’Assemblea degli Esperti (86 teologi eletti dal popolo e in carica per 8 anni), che presiede il Consiglio dei guardiani della Costituzione. Tale organo è preposto al controllo di conformità e di legittimità delle leggi dello Stato con la Costituzione e con la Sharia, vigilando, inoltre, sull’operato del presidente della Repubblica. Quest’ultimo, anche a capo dell’esecutivo, viene eletto a suffragio universale ogni quattro anni, con una sola possibilità di rinnovo del mandato.

L’Assemblea Islamica è l’organo di rappresentanza popolare e svolge le funzioni legislative con i suoi 290 delegati, eletti ogni quattro anni sempre tramite suffragio universale. Le liste dei candidati per le elezioni politiche devono, tuttavia, superare il controllo e il giudizio da parte del già citato Consiglio dei guardiani.

L’articolo 110 della Costituzione iraniana definisce la Guida suprema come Comandante in capo delle Forze armate, e gli riconosce la prerogativa di nomina e di rimozione delle seguenti cariche istituzionali:

– i sei componenti religiosi del Consiglio dei guardiani (di cui i rimanenti sei sono “laici”, ovvero con una formazione derivata dal sistema educativo nazionale);

– il capo del sistema giudiziario;

– il presidente della radio e della televisione nazionale;

– il comandante supremo dei Guardiani della rivoluzione (chiamati comunemente “pasdaran”);

– il comandante supremo dell’esercito regolare e dei servizi segreti.

Economia

L’Iran è uno dei maggiori produttori mondiali di petrolio. I principali giacimenti del Paese sono collegati – tramite oleodotti – con l’importantissimo stabilimento di raffinazione di Abaadaan; notevoli sono anche i giacimenti offshore di Doroud, Soroush, Ras Bahgraan, Salmaan. L’Iran possiede, inoltre, vaste riserve di gas naturale sia offshore (giacimenti di North e South Pars) sia su terraferma. Nonostante le grandi risorse naturali a disposizione, l’Iran ha conosciuto – nell’ultimo decennio – periodi prolungati di crisi economica.

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Dopo due anni di profonda recessione, a seguito delle dure sanzioni economiche inflitte alla Repubblica “persiana” per via della querelle sul nucleare, che hanno ridotto drasticamente i ricavi delle esportazioni petrolifere, nel 2014 il tasso di crescita del PIL è tornato positivo.

Ancora oggi, tuttavia, gran parte delle attività economiche sono sotto il controllo dello Stato centrale e delle fondazioni religiose (Bonyad), che mantengono calmierati i prezzi dei beni di consumo; dal 2010 è stato avviato un piano per la  riduzione graduale di tale sistema di sussidi, ma gli interventi del governo di Teheran non sono stati in grado di contrastare la galoppante inflazione che ha colpito negli ultimi anni il Paese.

Sulla ripresa economica, registratasi a partire dal 2014, hanno inciso indubbiamente le aspettative legate alla nuova presidenza di Hassan Rohani, che si sono in parte concretizzate con la mitigazione delle sanzioni internazionali, dopo la firma dell’accordo multilaterale sul nucleare tra i principali Paesi occidentali – gli Stati Uniti di Barack Obama in testa – e l’Iran, che ha permesso una parziale uscita dall’isolamento economico e politico degli anni precedenti. Permane, tuttavia, una notevole incertezza di fondo sulla tenuta dell’economia iraniana, non soltanto per le pessime relazioni esistenti con l’Amministrazione Trump dopo il ritiro americano dall’Iran deal nel 2018, ma anche per gli elevati tassi di inflazione che continuano a minare la stabilità e la coesione sociale del Paese.

Società e diritti

Non ci sono stime ufficiali sull’esatta composizione etnica dell’Iran, tuttavia i principali gruppi sono rappresentati da persiani (61%), azeri (16%), curdi (10%), luri (6%), arabi (2%), baluchi (2%), altre popolazioni turche (4%).

La religione in Iran è dominata dalla variante sciita duodecimana dell’Islam, la quale è religione di Stato, con una stima di fedeli che varia tra il 90% e il 95%. Dal 4% all’8% della popolazione iraniana è ritenuta invece sunnita, per la maggior parte curda e baluci. Il rimanente 2% è composto da minoranze non musulmane, fra le quali gli zoroastriani, gli ebrei, i cristiani, i bahá’í, gli yezidi e gli induisti. Le minoranze religiose, sia musulmane sia non islamiche, sono ufficialmente tollerate. Tuttavia fa eccezione la minoranza bahá’í, discriminata sin quasi dalla sua nascita. Le religioni ebraica, cristiana e zoroastriana hanno seggi riservati in Parlamento, in quanto ufficialmente le più consistenti minoranze religiose. Tuttavia la religione bahá’í, di fatto la minoranza non islamica maggiore, è completamente esclusa dalla vita pubblica. Prevedendo l’Islam la tolleranza verso le altre religioni monoteistiche, si è cercato di evitare questo vincolo legale negando la definizione di religione ai baha’i, usando invece il termine “setta” e con ciò permettendo una totale negazione dei diritti civili, quali educazione e occupazione pubblica.

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La maggior parte della popolazione parla il persiano, la lingua ufficiale del Paese, con numerose lingue iraniche e vari altri dialetti. Le lingue turche rappresentano la maggior parte delle lingue non-iraniche, fra le quali la più importante è quella azera, con una stima che va dai 12 ai 15,5 milioni di madrelingua nel solo Iran. Altra lingua non-iranica largamente diffusa è l’arabo, che viene parlato da minoranze arabe nella regione del Khūzestān, al confine con l’Iraq. Il persiano è tuttavia l’unica lingua di insegnamento in Iran, mentre è obbligatorio imparare l’inglese come seconda lingua, con l’aggiunta dell’arabo classico per la corretta lettura del Corano.

In Iran vige la pena di morte e il Paese fa registrare insieme alla Cina il più alto numero di esecuzioni capitali all’anno. Molti reati sono punibili sia con la pena di morte che attraverso una pena corporale ispirata alla Sharia. Si sono verificati numerosi casi di tortura. Per il reato di omicidio, un condannato può essere graziato se la famiglia offesa concede il proprio perdono. La lapidazione, la cui ultima esecuzione risale al 2002, è stata ufficialmente abolita nel 2012, nel contesto della stessa legge che vieta la condanna a morte per i minorenni. Altre tipologie di pene coraniche (come la crocifissione) non vengono più eseguite. I reati capitali sono: omicidio volontario; terrorismo; strage; apostasia; gravi offese all’Islam, alla Repubblica islamica e alle autorità religiose (i casi gravi della cosiddetta “moharebeh”, ossia “inimicizia verso Dio”); vilipendio del profeta Maometto; omosessualità e rapporti sessuali illeciti comprovati, reiterati e gravi; traffico di stupefacenti e di alcolici; adulterio; reato di tradimento e di alto tradimento; spionaggio e gravi casi di prostituzione.

Difesa e sicurezza

Il comparto militare della Repubblica Islamica dell’Iran include le Forze armate, le Guardie della Rivoluzione Islamica e le Forze di polizia. Il totale ammonta a circa 945.000 unità attive. Tutte le branche delle Forze armate iraniane sono sottoposte al comando del Quartier Generale delle Forze armate. Il ministero della Difesa e dell’Esercito è responsabile della pianificazione logistica e del finanziamento delle Forze armate. La legislazione iraniana prevede il servizio militare obbligatorio per tutti i cittadini maggiorenni (18 anni).

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Nel sistema iraniano di sicurezza merita una menzione particolare il corpo dei Guardiani della Rivoluzione Islamica, meglio noti come Pasdaran, il cui compito principale è quello della protezione delle istituzioni repubblicane in caso di emergenza nazionale e di guerra civile. Attualmente, questo corpo militare si compone di oltre 120.000 unità.

Non si può tralasciare, ovviamente, la questione cruciale che riguarda il programma di sviluppo del nucleare in Iran, per scopi non solo civili ma anche e soprattutto militari, e che si intreccia con la drammatica e dura contrapposizione con l’Occidente, in modo particolare con gli Stati Uniti.

Dopo l’elezione di Rohani alla presidenza della Repubblica, nel novembre 2013 è stata raggiunta una prima intesa con i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza dell’Onu per un progressivo alleggerimento delle sanzioni economiche nei confronti dell’Iran, in cambio della sospensione del programma nucleare nazionale. Il processo di normalizzazione dei rapporti tra la Repubblica persiana e i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza (ai quali si sono aggiunti la Germania e l’Unione europea) si è formalmente concluso il 14 luglio 2015 con la firma del JCPOA (Joint Comprehensive Plan of Action), meglio conosciuto come “Accordo sul nucleare iraniano’’.

Passato

Conosciuta con il nome di Persia fino al 1935, l’Iran divenne una Repubblica Islamica nel 1979 dopo la deposizione dello Scià Reza Pahlavi che aveva governato il Paese dal 1941 fino allo scoppio della rivoluzione popolare guidata dall’ayatollah sciita Khomeini. Quest’ultimo si fece promotore della creazione di uno Stato di tipo teocratico, all’interno del quale si assicurò il ruolo preminente di Guida Suprema, secondo quanto previsto dalla Costituzione del dicembre 1979. Nel corso della rivoluzione popolare, le relazioni diplomatiche tra Usa e Iran subirono una drammatica escalation, a seguito dell’occupazione e della presa in ostaggio del personale dell’ambasciata americana da parte di un gruppo di studenti filo-khomeinisti di Teheran. La crisi diplomatica si concluse solo nel gennaio 1981 con il rilascio degli ostaggi, ma tale episodio costò la vittoria alle elezioni presidenziali del ’79 a Jimmy Carter, il quale venne battuto dal repubblicano Ronald Reagan.

Tra il 1980 e il 1988, l’Iran fu impegnata in una sanguinosa guerra – conclusasi senza vinti né vincitori – contro la Repubblica irachena di Saddam Hussein. Indicato come uno dei principali sponsor del terrorismo islamico, in particolar modo per il sostegno fornito in Libano all’organizzazione sciita di Hezbollah, il Paese iraniano fu sottoposto già dalla seconda metà degli anni ’80 a sanzioni economiche da parte degli Stati occidentali, e venne qualificato come Stato “canaglia’’, di fatto condannato all’isolamento internazionale.

Con le elezioni presidenziali del 1997 venne tuttavia inaugurato un nuovo corso politico, grazie alla vittoria dell’esponente moderato M. Khatami. La “primavera riformista’’ si è conclusa nel 2005 con il successo elettorale dell’ultraconservatore M. Ahmadinejad, riconfermato per un secondo mandato presidenziale nel 2009. Dal 2013 ha avuto inizio una nuova stagione politica, con la presidenza di H. Rohani, un “riformista’’ sostenuto dallo stesso ex presidente Khatami, che ha intrapreso un difficile percorso di appeasement tra l’Iran e la comunità internazionale.

Presente

Nel maggio 2017 gli elettori iraniani hanno confermato Rohani alla presidenza della Repubblica. Sulla vittoria dell’esponente moderato ha inciso, indubbiamente, la conclusione positiva della querelle sul programma di arricchimento dell’uranio, portata avanti dagli esecutivi precedenti. La ratifica dell’accordo sul nucleare (Iran deal) ha rappresentato per il Paese una parziale uscita da una condizione di profondo isolamento politico, consentendo la ripresa di gran parte delle relazioni economiche e commerciali con l’Occidentale, in modo  particolare nel settore petrolifero, e invertendo il perdurante trend economico negativo degli anni precedenti.

Le grandi aspettative politiche, suscitate dal secondo mandato presidenziale di Rohani, si sono però scontrate con una crisi economica caratterizzata da alti tassi di disoccupazione e da inflazione galoppante, che ha colpito duramente gli strati più deboli della società iraniana.

Futuro

Nonostante la firma del JCPOA, molte delle sanzioni non legate al programma  nucleare iraniano sono rimaste in vigore, continuando a fungere da deterrente per gli investimenti stranieri nella Repubblica persiana. A ciò si aggiunge il fatto che nel maggio 2018 l’imprevisto ritiro unilaterale americano dall’Iran deal, ha gettato il Paese in una rinnovata condizione di incertezza sul futuro. Gli Stati Uniti, infatti, hanno ripristinato le sanzioni economiche nei confronti dell’Iran nel novembre seguente.

Tra il dicembre 2017 e il gennaio 2018 sono esplose delle rivolte popolari per il  “carovita’’ e la dilagante disoccupazione, riportate tuttavia sotto controllo grazie all’intervento delle forze di sicurezza e dell’esercito. Questi sommovimenti hanno spinto molti a ritenere che fosse imminente un regime-change, scongiurato dalla buona tenuta delle istituzioni repubblicane. Il futuro della Repubblica iraniana è legato alla capacità di continuare a tessere buone relazioni con i Paesi dell’Ue, e di tenere in vita il JCPOA, strada obbligata per favorire nuove aperture dei canali di credito e per rinvigorire la claudicante economia del Paese.