Anagrafica
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Sostenuto dall’amministrazione americana di Roosevelt, nel 1941 lo Scià Reza Pahlavi, insediatosi come monarca, diede inizio a una lunga fase di occidentalizzazione dell’Iran, che raggiunse il suo apice durante gli anni ’60. Nel gennaio 1979 lo Scià fu costretto all’esilio da una sollevazione popolare, guidata dal carismatico leader sciita, l’ayatollah Khomeini; a seguito del referendum del 30 marzo 1979, l’Iran divenne una Repubblica islamica.
Economia
L’Iran è uno dei maggiori produttori mondiali di petrolio. I principali giacimenti del Paese sono collegati – tramite oleodotti – con l’importantissimo stabilimento di raffinazione di Abaadaan; notevoli sono anche i giacimenti offshore di Doroud, Soroush, Ras Bahgraan, Salmaan. L’Iran possiede, inoltre, vaste riserve di gas naturale sia offshore (giacimenti di North e South Pars) sia su terraferma. Nonostante le grandi risorse naturali a disposizione, l’Iran ha conosciuto – nell’ultimo decennio – periodi prolungati di crisi economica.
Società e diritti
Non ci sono stime ufficiali sull’esatta composizione etnica dell’Iran, tuttavia i principali gruppi sono rappresentati da persiani (61%), azeri (16%), curdi (10%), luri (6%), arabi (2%), baluchi (2%), altre popolazioni turche (4%).
La religione in Iran è dominata dalla variante sciita duodecimana dell’Islam, la quale è religione di Stato, con una stima di fedeli che varia tra il 90% e il 95%. Dal 4% all’8% della popolazione iraniana è ritenuta invece sunnita, per la maggior parte curda e baluci. Il rimanente 2% è composto da minoranze non musulmane, fra le quali gli zoroastriani, gli ebrei, i cristiani, i bahá’í, gli yezidi e gli induisti. Le minoranze religiose, sia musulmane sia non islamiche, sono ufficialmente tollerate. Tuttavia fa eccezione la minoranza bahá’í, discriminata sin quasi dalla sua nascita. Le religioni ebraica, cristiana e zoroastriana hanno seggi riservati in Parlamento, in quanto ufficialmente le più consistenti minoranze religiose. Tuttavia la religione bahá’í, di fatto la minoranza non islamica maggiore, è completamente esclusa dalla vita pubblica. Prevedendo l’Islam la tolleranza verso le altre religioni monoteistiche, si è cercato di evitare questo vincolo legale negando la definizione di religione ai baha’i, usando invece il termine “setta” e con ciò permettendo una totale negazione dei diritti civili, quali educazione e occupazione pubblica.
Difesa e sicurezza
Il comparto militare della Repubblica Islamica dell’Iran include le Forze armate, le Guardie della Rivoluzione Islamica e le Forze di polizia. Il totale ammonta a circa 945.000 unità attive. Tutte le branche delle Forze armate iraniane sono sottoposte al comando del Quartier Generale delle Forze armate. Il ministero della Difesa e dell’Esercito è responsabile della pianificazione logistica e del finanziamento delle Forze armate. La legislazione iraniana prevede il servizio militare obbligatorio per tutti i cittadini maggiorenni (18 anni).
Passato
Conosciuta con il nome di Persia fino al 1935, l’Iran divenne una Repubblica Islamica nel 1979 dopo la deposizione dello Scià Reza Pahlavi che aveva governato il Paese dal 1941 fino allo scoppio della rivoluzione popolare guidata dall’ayatollah sciita Khomeini. Quest’ultimo si fece promotore della creazione di uno Stato di tipo teocratico, all’interno del quale si assicurò il ruolo preminente di Guida Suprema, secondo quanto previsto dalla Costituzione del dicembre 1979. Nel corso della rivoluzione popolare, le relazioni diplomatiche tra Usa e Iran subirono una drammatica escalation, a seguito dell’occupazione e della presa in ostaggio del personale dell’ambasciata americana da parte di un gruppo di studenti filo-khomeinisti di Teheran. La crisi diplomatica si concluse solo nel gennaio 1981 con il rilascio degli ostaggi, ma tale episodio costò la vittoria alle elezioni presidenziali del ’79 a Jimmy Carter, il quale venne battuto dal repubblicano Ronald Reagan.
Tra il 1980 e il 1988, l’Iran fu impegnata in una sanguinosa guerra – conclusasi senza vinti né vincitori – contro la Repubblica irachena di Saddam Hussein. Indicato come uno dei principali sponsor del terrorismo islamico, in particolar modo per il sostegno fornito in Libano all’organizzazione sciita di Hezbollah, il Paese iraniano fu sottoposto già dalla seconda metà degli anni ’80 a sanzioni economiche da parte degli Stati occidentali, e venne qualificato come Stato “canaglia’’, di fatto condannato all’isolamento internazionale.
Con le elezioni presidenziali del 1997 venne tuttavia inaugurato un nuovo corso politico, grazie alla vittoria dell’esponente moderato M. Khatami. La “primavera riformista’’ si è conclusa nel 2005 con il successo elettorale dell’ultraconservatore M. Ahmadinejad, riconfermato per un secondo mandato presidenziale nel 2009. Dal 2013 ha avuto inizio una nuova stagione politica, con la presidenza di H. Rohani, un “riformista’’ sostenuto dallo stesso ex presidente Khatami, che ha intrapreso un difficile percorso di appeasement tra l’Iran e la comunità internazionale.
Presente
Nel maggio 2017 gli elettori iraniani hanno confermato Rohani alla presidenza della Repubblica. Sulla vittoria dell’esponente moderato ha inciso, indubbiamente, la conclusione positiva della querelle sul programma di arricchimento dell’uranio, portata avanti dagli esecutivi precedenti. La ratifica dell’accordo sul nucleare (Iran deal) ha rappresentato per il Paese una parziale uscita da una condizione di profondo isolamento politico, consentendo la ripresa di gran parte delle relazioni economiche e commerciali con l’Occidentale, in modo particolare nel settore petrolifero, e invertendo il perdurante trend economico negativo degli anni precedenti.
Le grandi aspettative politiche, suscitate dal secondo mandato presidenziale di Rohani, si sono però scontrate con una crisi economica caratterizzata da alti tassi di disoccupazione e da inflazione galoppante, che ha colpito duramente gli strati più deboli della società iraniana.
Futuro
Nonostante la firma del JCPOA, molte delle sanzioni non legate al programma nucleare iraniano sono rimaste in vigore, continuando a fungere da deterrente per gli investimenti stranieri nella Repubblica persiana. A ciò si aggiunge il fatto che nel maggio 2018 l’imprevisto ritiro unilaterale americano dall’Iran deal, ha gettato il Paese in una rinnovata condizione di incertezza sul futuro. Gli Stati Uniti, infatti, hanno ripristinato le sanzioni economiche nei confronti dell’Iran nel novembre seguente.
Tra il dicembre 2017 e il gennaio 2018 sono esplose delle rivolte popolari per il “carovita’’ e la dilagante disoccupazione, riportate tuttavia sotto controllo grazie all’intervento delle forze di sicurezza e dell’esercito. Questi sommovimenti hanno spinto molti a ritenere che fosse imminente un regime-change, scongiurato dalla buona tenuta delle istituzioni repubblicane. Il futuro della Repubblica iraniana è legato alla capacità di continuare a tessere buone relazioni con i Paesi dell’Ue, e di tenere in vita il JCPOA, strada obbligata per favorire nuove aperture dei canali di credito e per rinvigorire la claudicante economia del Paese.