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La trasformazione della NATO e l’adeguamento ai nuovi scenari

Dalla fine della guerra fredda, perciò dall’inizio degli anni 90 del secolo scorso, la Nato ha progressivamente modificato la propria mission e le proprie caratteristiche per adeguarsi ai mutevoli scenari e alle nuove sfide imposte dalla globalizzazione e dai nuovi equilibri geopolitici mondiali. Per comprendere queste evoluzioni e individuare gli adattamenti necessari, la Nato, dal 2002, ha affiancato al comando per le operazioni (Allied Command Operations, più comunemente nota come Shape — Supreme Headquarters Allied Powers Europe con quartier generale a Mons in Belgio, attualmente guidata dal generale americano Curtis M. Scaparrotti) una struttura denominata Allied Command Transformation, localizzata a Norfolk in Virginia (Usa). Compito di questo comando è esattamente quello di studiare e proporre gli adeguamenti delle strategie e dell’organizzazione della Nato.

La capacità di adattamento dell’Alleanza è rilevabile dalla tipologia di missioni che essa ha svolto negli ultimi vent’anni e che svolge oggi. Dalla fine della guerra fredda, la Nato ha realizzato oltre 50 grandi missioni internazionali. Di queste soltanto poche sono state missioni militari, peraltro autorizzate da risoluzioni delle Nazioni Unite: tra esse le due principali sono quella del 1999 in Kosovo e Serbia e la lunga operazione, iniziata nel 2001, e tutt’ora in corso, in Afghanistan, a seguito dell’attentato alle Torri Gemelle per il quale fu invocata dagli Stati Uniti l’applicazione dell’articolo 5 del trattato. In quest’ultimo caso, nell’ambito della missione a guida Nato, originariamente denominata Enduring Freedom e, dal 2014, Resolute Support, oltre ai membri della Alleanza atlantica, numerosi altri paesi hanno contribuito con le proprie truppe alla forza internazionale International Security Assistance Force — Isaf. Tutte le altre missioni internazionali della Nato hanno coperto ambiti assai poco conosciuti, che hanno comportato l’utilizzo di strumenti militari per operazioni aventi altri fini: la prevenzione del terrorismo e dei conflitti con operazioni di monitoraggio e deterrenza, la lotta alla pirateria marittima, la protezione di corridoi umanitari, il peacekeeping cioè la stabilizzazione e il mantenimento di condizioni di pace, l’addestramento delle forze regolari di paesi che escono da guerre civili o violenti conflitti e anche l’intervento in occasione di eventi naturali disastrosi come terremoti e grandi uragani.

Alcuni esempi. L’operazione Ocean Shield nel Golfo di Aden, iniziata nel 2009 e conclusasi alla fine del 2016, ha consentito il completo annientamento della pirateria marittima che per decenni ha colpito i mercantili al largo del Corno d’Africa. Infatti, il 2016 è stato il primo anno nel quale non si sono verificati attacchi di pirati nei confronti delle navi commerciali.

Per quanto riguarda la stabilizzazione in paesi difficili e caratterizzati da situazioni critiche, basta menzionare il Kosovo, dove tra l’altro l’Italia ha sempre contribuito in modo fondamentale.

Va inoltre citato l’enorme lavoro che la Nato svolge sul fronte della cyber security e delle nuove minacce portate dalla guerra ibrida.

Il fronte sud — Nella percezione collettiva, la Nato è ancora considerata come un’alleanza che guarda esclusivamente alla Russia e vi si contrappone: non è più così. Pur intensificandosi l’impegno sul fronte orientale a causa degli atteggiamenti aggressivi della Federazione Russa, soprattutto negli ultimi anni — anche grazie al lavoro dei paesi del Mediterraneo — l’Alleanza Atlantica ha nettamente aumentato la propria attenzione verso il fronte sud. Ciò a causa dei nuovi rischi provenienti da quel fianco: conflitti e instabilità regionali in Medio Oriente e Nord Africa, del terrorismo e migrazioni. Un dato rilevante sotto il profilo politico è la decisione, assunta nel marzo del 2017, di istituire una Direzione strategica per il Sud, che è diventata operativa con l’inizio di settembre e ha sede presso la base Nato di Napoli. Si tratta di una struttura che affronta i problemi della sponda sud del Mediterraneo cercando di comprenderne le radici, le cause scatenanti e le dinamiche, in modo da poter indirizzare le scelte della Nato in un’ottica complessiva.

 

L’Assemblea parlamentare della Nato Da ultimo alcuni cenni sulla Assemblea parlamentare della Nato, un’organizzazione parallela all’Alleanza e non un organismo proprio. Essa costituisce un ambito politico-parlamentare nel quale sono rappresentati i Parlamenti dei 29 alleati, per un totale di 266 membri, oltre a 93 altri di 26 paesi partner o osservatori. Inoltre vengono spesso invitati a specifiche iniziative rappresentanti di Paesi dell’Africa subsahariana, del Golfo, del Medio Oriente.

Sin dalla sua creazione nel 1955, l’Assemblea parlamentare della Nato ha fornito un forum specializzato per i membri del parlamento dei paesi alleati, dando loro la possibilità di discutere ed influenzare decisioni, prevalentemente sul tema della sicurezza dell’Alleanza atlantica. Attraverso il suo lavoro e le sue attività, l’Assemblea rafforza la consapevolezza e la  comprensione parlamentare di tutte le questioni chiave inerenti la sicurezza dell’area euro-atlantica, sostenendo la supervisione parlamentare dei vari paesi in materia di difesa e sicurezza.  Inoltre consolida le relazioni transatlantiche ed i valori propri della Nato, assicurando una maggiore trasparenza delle sue politiche. A partire dalla fine della Guerra Fredda l’Assemblea parlamentare ha incrementato il suo ruolo diplomatico, estendendo la cooperazione ai parlamentari di altri paesi esterni all’Alleanza, ma interessati a comprenderne l’operato. In questo modo contribuisce a rafforzare il programma di partenariato e cooperazione della Nato.

L’Assemblea parlamentare è suddivisa in cinque commissioni e un comitato speciale per il Mediterraneo e Medio Oriente. Il segretariato ha sede a Bruxelles e le attività dell’Assemblea e delle sue commissioni si svolgono di volta in volta in sedi diverse, ospitate sia da Paesi Nato, sia da partner e osservatori. Le iniziative sono costituite da visite e missioni delle diverse commissioni, seminari aperti a tutti i membri, un forum transatlantico che si tiene a Washington annualmente e un incontro annuale con il Consiglio Atlantico e il Segretario generale della Nato. L’Assemblea elabora risoluzioni, rapporti, documenti di indirizzo, che vengono discussi e approvati nelle due sessioni plenarie, quella primaverile e quella annuale che si svolge in autunno. I documenti sono poi sottoposti all’attenzione della Nato come linee di indirizzo e di contributo politico.

L’Assemblea costituisce un ambito di discussione molto aperto, la cui crescente importanza è legata al sempre maggior ruolo che la diplomazia parlamentare assume quale complemento della diplomazia governativa.

La vastità degli argomenti affrontati e dei paesi toccati nelle varie missioni è particolarmente rilevante. Data la sua funzione di forum di alto livello, i membri dell’Assemblea hanno, spesso, interlocutori come capi di Stato, di Governo, ministri e presidenti di Parlamento di paesi importanti, alcuni dei quali apparentemente molto distanti dalla NATO ma in realtà profondamente interessati a conoscerne le dinamiche, in una prospettiva di sicurezza globale.

L’Assemblea parlamentare, oltre agli aspetti militari che vengono principalmente gestiti dalla commissione difesa, è attenta soprattutto alle problematiche di tipo geopolitico, al rispetto dei diritti umani, al controllo democratico sulle forze armate e a molti altri argomenti di chiaro contenuto politico, prima e più che militare.