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Anagrafica

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Nome ufficiale: Repubblica di Bielorussia
Capitale: Minsk
Superficie: 207.600 km2
Densità: 45,8 ab/km2
Confini: Lituania, Polonia, Russia, Ucraina, Lettonia
Popolazione: 9.527.543 (2018)
Composizione etnica: Bielorussi (83,7%), russi (8,3%), polacchi (3,1%), ucraini (1,7%), altri (3,3%)
Forma di governo: Repubblica presidenziale
Lingue ufficiali: Russo, Bielorusso
Religioni: Ortodossi (48,3%), Cattolici (7,1%), altri (3,5%), non credenti (41,1%) – (2011)
Aspettativa di vita: 73,2 anni
Tasso di natalità: 10 nati/1000 abitanti (2018)
Servizio militare: 18 anni, obbligatorio
Scolarizzazione: Scolarizzazione: 95,4%
Unità monetaria: Rublo bielorusso
PIL: 55,44 miliardi (2017)
Tasso di crescita del PIL: 2,4% (2017)
Debito pubblico/ PIL: 53,4% (2017)
Export partners: Russia (43,9%), Ucraina (11,5%), Gran Bretagna (8,2%) – (2017)
Import partners: Russia (57,2%), Cina (8%), Germania (5,1%)

Istituzioni

La Bielorussia è una Repubblica presidenziale, guidata dal 1994 dal presidente Aleksandr Lukašenko, il quale ha accentrato nella presidenza crescenti prerogative, a scapito del potere giudiziario e legislativo. Dall’agosto 2018 il Primo ministro è Sergey Rumas. Il sistema parlamentare è bicamerale, composto dalla Camera dei Rappresentanti, con 110 membri eletti direttamente, e dal Consiglio della Repubblica, con 64 membri, di cui otto indicati dal presidente e i restanti 56 nominati su base regionale. Nell’Assemblea nazionale siedono solo due rappresentanti dell’opposizione.

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Secondo la lettera della Costituzione, l’elezione del presidente dovrebbe avvenire ogni cinque anni: tuttavia, nel 1996 il termine fu prorogato dopo che Lukashenko chiese, tramite un controverso referendum, di estendere il mandato presidenziale da cinque a sette anni. Le elezioni presidenziali, previste nel 1999, furono rimandate al 2001. Il referendum del 1996 fu denunciato come un “fantastico” falso da Viktar Hanchar, il funzionario elettorale capo, il quale venne rimosso dal proprio incarico e sparì misteriosamente nel 1999. Nonostante le aspre critiche degli osservatori internazionali, Lukašenko è stato rieletto presidente nel 2001, ottenendo nel 2004, attraverso una nuova consultazione referendaria, l’abolizione del limite dei due mandati presidenziali. Vinte le elezioni nel 2006, “l’ultimo dittatore d’Europa”, come molti lo hanno definito, si è nuovamente candidato alle elezioni del 19 dicembre 2010, ottenendo un consenso prossimo all’80%. L’11 ottobre 2015 Lukašenko è stato eletto per il quinto mandato consecutivo.

La Camera dei Rappresentanti ha il potere di nominare il Primo ministro, di apportare modifiche alla Costituzione e di promuovere un voto di fiducia nei confronti del Primo ministro stesso. Svolge inoltre funzioni consultive, predisponendo pareri in materia di politica interna ed estera. Il Consiglio della Repubblica ha il potere di scegliere i vari funzionari di governo e di approvare o respingere le leggi varate dalla Camera dei Rappresentanti. Ciascuna Camera ha facoltà di opporsi alle leggi redatte dalle autorità locali, se contrarie alla Costituzione bielorussa.

Economia

La base economica della Bielorussia rimane tradizionalmente legata alla produzione industriale. In tale contesto, i settori di maggiore importanza sono l’industria di raffinazione, la produzione di macchinari, la chimica e la petrolchimica, la produzione di elettricità, le costruzioni, il comparto alimentare, l’industria leggera (tessile, abbigliamento, calzature), quella boschiva e di lavorazione del legname. In linea di massima, questi settori sono orientati alla produzione e alla vendita di prodotti finiti: il Paese non è infatti esportatore di materie prime, fatta eccezione per il potassio e il legname.

A livello strategico, il fattore caratterizzante l’economia bielorussa è la totale dipendenza energetica dalla Russia, in particolare per quanto concerne il gas naturale.

 

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Al di là delle pesanti ripercussioni finanziarie dovute alla crisi internazionale del biennio 2008-2009, il PIL bielorusso, in crescita costante sin dal 1995, ha registrato una flessione piuttosto importante per la prima volta dopo 20 anni, passando dal 9% del 2005-2006 allo 0% del 2015, in calo del 3,9% rispetto al 2014. Il basso livello degli investimenti esteri, la scarsa accessibilità ai crediti commerciali, unitamente alla contrazione della domanda interna ed esterna, complice un business climate non del tutto attrattivo, hanno contribuito a delineare un quadro economico che registra delle difficoltà, nonostante la progressiva – seppur limitata – adozione di misure di semplificazione fiscale, finanziaria e di incentivi allo sviluppo dell’imprenditoria privata.

L’agricoltura rappresenta il 9% circa del PIL, benché il 20% dei terreni risulti ancora oggi danneggiato dagli effetti del disastro nucleare di Černobyl’ del 1986. Il 70% circa dei materiali tossici liberati dalla centrale ucraina si è infatti riversato sul territorio bielorusso.

Il tentativo di Lukašenko di condurre la Bielorussia sulla strada del socialismo di mercato ha comportato un brusco arresto del programma di privatizzazioni, che avrebbe dovuto caratterizzare la transizione economica post-sovietica. L’economia risulta in gran parte sotto controllo statale e ciò limita l’afflusso di investimenti esteri, imponendo un rilevante freno allo sviluppo economico nazionale.

Società e diritti

Il processo di democratizzazione in Bielorussia è sostanzialmente fallito. Ciononostante, nel Paese si registrano elevati standard di vita; l’indice di sviluppo umano è il più elevato tra i Paesi membri del Partenariato orientale dell’UE.

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Sotto la presidenza Lukašenko, la Bielorussia ha assistito alla progressiva restrizione delle libertà civili e politiche. L’arresto e l’intimidazione a danno degli esponenti dell’opposizione e la chiusura dei giornali critici nei confronti del governo è pratica consolidata. Anche i lavoratori non godono di pieni diritti, come quello di sciopero e di rappresentanza attraverso associazioni sindacali. La libertà religiosa, che dovrebbe essere garantita costituzionalmente, risulta anch’essa limitata e, di fatto, vi è un rapporto privilegiato tra lo Stato e la Chiesa ortodossa bielorussa. Nel Paese vivono minoranze, soprattutto polacche e rom, che lamentano trattamenti discriminanti rispetto alla maggioranza bielorussa.

Difesa e sicurezza

La Bielorussia ospita numerose basi militari russe e viene considerata da Mosca come una barriera naturale contro l’espansione ad est della NATO. La Bielorussia infatti, pur avendo cooperato in alcuni casi con l’Alleanza Atlantica, non ha mai fatto richiesta di ammissione.

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Il settore della difesa è uno dei più produttivi per l’industria nazionale. Il Paese è stato anche accusato di favorire il trasferimento di armi, sia di fabbricazione propria che di marca russa, verso Stati che hanno relazioni tese con l’Occidente: Venezuela, Siria, Iran.

Il personale in servizio raggiunge quasi le 50mila unità e il Paese negli ultimi anni ha leggermente diminuito il budget per le spese militari: nel 2017 si è attestato sullo 0,93% del PIL.

Passato

Il nome “Russia Bianca”, come anche “Bielorussia”, è percepito come una rievocazione dell’imperialismo russo e sovietico e delle politiche di russificazione: il titolo completo dello zar russo era “Imperatore di tutte le Russie – Grande, Piccola e Bianca”. Perciò viene preferito “Belarus“.

Le prime compagini statali furono i Principati di Polotsk, di Turov e di Smolensk. Le prime testimonianze scritte riguardo a Polotsk sono datate intorno all’anno 862. Il primo principe conosciuto è Rogvolod. Il principato di Polotsk raggiunse la massima potenza nell’XI secolo sotto il governo di Vceslav Charodey, “Il Mago”. Con il diffondersi del feudalesimo i principati di Polotsk e Turov si divisero in compagini minori.

Alla fine del X secolo iniziò a diffondersi il Cristianesimo secondo il rito bizantino. Ciò favorì lo sviluppo della cultura, la comparsa della pittura e della letteratura. All’inizio del XIII secolo cominciò a formarsi la lingua bielorussa. Nel XIII secolo i territori della Bielorussia, insieme a quelli dell’odierna Lituania, formarono il Granducato di Lituania, con capitale Novogorodok, poi nel 1323 la capitale venne trasferita a Vilnia, attuale Vilnius. Il Granducato raggiunse il culmine della propria potenza sotto il governo del granduca Vitovt.

Grande importanza per il consolidamento dello Stato ebbe la vittoria, in alleanza con la Polonia, nella battaglia di Grunwald (1410) contro l’ordine teutonico. Lo Stato era governato dal gran principe e dalla nobiltà feudale. Nel ‘500 il Paese entrò in conflitto con il principato di Mosca, registrando pesanti sconfitte come la caduta nelle mani delle truppe dello zar Ivan il Terribile della città di Polatsk e il dimezzamento della popolazione bielorussa.

Il Granducato mantenne la propria autonomia e grazie all’unione con la Polonia sconfisse il principato di Mosca conquistando la regione Baltica di Livonia (regione baltica che si estende attorno al Golfo di Riga). Nel 1596, con l’Unione di Brest, fu raggiunto un compromesso anche sul piano religioso e nacque la Chiesa uniate: i cristiani bielorussi del Granducato di Lituania riconobbero i dogmi e l’autorità papale, conservando il rito bizantino. Nel XVII secolo, approfittando dei contrasti dovuti alla Riforma protestante, alla crisi economica e alla guerra antifeudale, la Russia si impadronì di gran parte della Bielorussia.

Nel XVIII secolo, lo Stato nato dall’unione del regno della Polonia e del Granducato di Lituania venne diviso tra Russia, Prussia e Austria.

Nel 1831 scoppiò una rivolta patriottica per la liberazione dall’Impero Russo, che fu sedata con conseguente indebolimento dei cattolici e della nobiltà, ovvero gli strati della popolazione presso i quali la rivolta stessa fermentò. Lo sviluppo del movimento democratico portò alla nascita, nel 1903, del primo partito politico nazionale e alla rinascita della cultura bielorussa.

Con l’entrata della Russia nella Prima guerra mondiale, il territorio bielorusso diventò teatro di violenti eventi bellici.

Dal 1915 al 1918 le truppe tedesche occuparono parte della Bielorussia e a marzo del 1918 l’intero territorio. Il 25 marzo 1918, durante l’occupazione tedesca, i rappresentanti del movimento nazionale proclamarono la creazione della Repubblica Popolare Bielorussa, riconosciuta da Lituania e Ucraina. Missioni diplomatiche furono inviate in Svizzera, Germania, Danimarca, Polonia, Stati Uniti. Con l’avanzata dell’Armata Rossa e il ritiro delle truppe tedesche, il governo della Repubblica Popolare Bielorussa fu costretto all’esilio.

Nel 1921 i territori occidentali della Bielorussia passarono alla Polonia e nel 1922 quelli orientali furono occupati dalle guardie rosse. Nacque in tal modo la Repubblica Socialista Sovietica Bielorussa che entrò a far parte dell’URSS.

Nel 1939, a seguito del patto fra la Germania nazista e l’URSS, quest’ultima invase da Est la Polonia, sconfitta in poche settimane. I territori occidentali della Bielorussia tornarono a far parte della Repubblica Socialista Sovietica Bielorussa. Nel 1941 la Bielorussia venne occupata dalle truppe tedesche e resa indipendente (Consiglio Centrale Bielorusso). Nel 1944 le truppe sovietiche scacciarono i nazisti tedeschi e l’intera Bielorussia fu occupata e riannessa all’URSS.

La Bielorussia si rese indipendente dall’URSS il 27 luglio 1990 e l’indipendenza fu riconosciuta il 25 agosto 1991. La Bielorussia è uno degli Stati membri fondatori della CSI (Confederazione composta da 9 delle 15 Repubbliche dell’ex Unione Sovietica), la cui sede amministrativa si trova tuttora a Minsk. Il 15 marzo 1994 viene approvata la nuova Costituzione e il 10 luglio dello stesso anno Aleksandr Lukašenko è eletto primo presidente della Repubblica. Lukašenko rifiuta le indicazioni del Fondo Monetario Internazionale e mantiene gran parte degli apparati pubblici esistenti, differenziando la politica economica bielorussa da quella adottata dalla quasi totalità delle ex Repubbliche sovietiche. La Bielorussia è inoltre l’unica Repubblica ex-sovietica il cui servizio segreto è ancora nominato “KGB”. Nel 1996 viene fondata l’Unione Russia-Bielorussia, entità sovranazionale che riavvicina i due Paesi.

Presente

La relazione privilegiata con Mosca e l’autoritarismo con il quale il Paese è stato guidato nella fase post-indipendenza hanno rappresentato i principali motivi di frizione con i paesi occidentali, in particolare con gli Usa. La mancata democratizzazione e le forti restrizioni alle libertà civili e politiche hanno generato notevoli attriti anche con l’Unione Europea e un crescente isolamento internazionale che, d’altra parte, ha condotto la Bielorussia a rafforzare i propri legami con la Russia. Durante e subito dopo la crisi che ha visto protagoniste Russia e Ucraina, la Bielorussia è sembrata essere più critica con Mosca: Lukašenko ha apertamente criticato la scelta di Putin di annettere la Crimea e, soprattutto, il governo bielorusso ha rifiutato di seguire Mosca nella messa al bando dei prodotti ucraini, segnando un parziale allontanamento dalle posizioni russe. Sotto Lukašenko, la Bielorussia ha assistito alla progressiva restrizione delle libertà civili e politiche. Nonostante il sostanziale fallimento del processo di democratizzazione, se messa a confronto con gli Stati emersi dalla dissoluzione sovietica, la Bielorussia registra elevati standard di vita. Dal punto di vista militare ed economico, Minsk rimane legata alla Russia. Il Paese, con la firma del Trattato di Astana, è entrato a far parte dell’Unione Economica Eurasiatica, che dovrebbe portare a una zona di libero scambio tra Russia, Kazakistan, Bielorussia, Armenia e Kirghizistan.

Nel 2009 il Paese è entrato a far parte, assieme ad Armenia, Azerbaigian, Georgia, Moldavia e Ucraina, anche del Partenariato orientale, un accordo tra l’Unione europea e i sei Stati confinanti dell’Europa orientale e del Caucaso meridionale. Ciononostante, lo stallo nel percorso di democratizzazione appare insormontabile.

Futuro

Nel febbraio 2016 l’Unione europea ha revocato le sanzioni che da cinque anni pesavano sul Paese. Non è stato tuttavia revocato l’embargo sulle armi, né le sanzioni su quattro uomini sospettati di essere coinvolti nella scomparsa di due membri dell’opposizione, un uomo di affari e un giornalista. In origine, le sanzioni riguardavano 170 individui, tra cui Lukashenko stesso e tre società.

Lukashenko sta cercando di ripulire la sua immagine all’estero per essere meno dipendente dall’alleato russo, a sua volta sottoposto alle sanzioni dell’Ue per via del conflitto in Ucraina e che sta risentendo del crollo del prezzo del petrolio. Le vicende che hanno sconvolto la vicina Ucraina sono ben presenti nel popolo bielorusso. Lukashenko rappresenterebbe quindi la stabilità e la sicurezza di continuare a usufruire di un sistema sociale sostenuto grazie alla vendita di risorse naturali provenienti a basso prezzo dalla Russia.

L’Unione europea, che intende incoraggiare la democratizzazione della Bielorussia, ha cambiato il suo approccio nel tentativo di coinvolgere, piuttosto che isolare, i vicini dell’Europa centrale e orientale, anche nell’ottica di contrastare l’aggressività russa che ha portato all’annessione della penisola ucraina della Crimea nel 2014. Lukashenko, additato dagli Stati Uniti come l’ultimo dittatore d’Europa, ha convinto i Paesi europei tenendo elezioni presidenziali pacifiche lo scorso ottobre, consentendo il rilascio di alcuni prigionieri politici, ospitando a Minsk i colloqui di pace tra l’Ucraina e la Russia. Tuttavia, Bruxelles insiste anche perché la Bielorussia abolisca la pena di morte. C’è da parte degli osservatori internazionali la convinzione che tra la popolazione bielorussa esista una forte avversione contro qualunque tipo di instabilità politica e l’abitudine a vivere sotto una guida forte.