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Anagrafica

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Nome ufficiale: Repubblica dell’Azerbaigian
Capitale: Baku
Superficie: 86.600 km2
Densità: 116 ab/km2
Confini: Mar Caspio (est), Russia (nord), Turchia (ovest), Georgia (nord-ovest), Armenia (ovest), Iran (sud)
Popolazione: 10.046.516 (2018)
Composizione etnica: Azeri (91,6%), lesghi (2%), Russi (1,3%), Armeni (1,3%) altri (3,7%)
Forma di governo: Repubblica presidenziale
Lingue ufficiali: Azero
Religioni: musulmani (96,9%) prevalentemente sciiti, cristiani (3%), altro (0,1%)
Aspettativa di vita: 73 anni
Tasso di natalità: 15 nati/1000 abitanti (2018)
Alfabetizzazione: 99,8%
Servizio militare: 18 anni, obbligatorio il servizio per 18 mesi
Unità monetaria: Manat
PIL: 40,67 miliardi (2017)
Tasso di crescita del PIL: 0,1% (2017)
Debito pubblico/ PIL: 54,1% (2017)
Export partners: Italia (23,2%), Turchia (13,6%), Israele (6,1%), Russia (5,4%), Germania (5%), Repubblica Ceca (4,6%), Georgia (4,3%) – (2017)
Import partners: Russia (17,7%), Turchia (14,8%), Cina (9,9%), Stati Uniti (8,3%), Ucraina (5,3%), Germania (5,1%) – (2017)

Istituzioni

L’Azerbaigian ha acquisito l’indipendenza nel 1991 e l’attuale Costituzione è stata approvata il 12 novembre 1995. È una Repubblica presidenziale dove vige la suddivisione tra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario. La più alta carica dello Stato è quella del presidente, eletto ogni cinque anni a suffragio diretto. Egli detiene il potere esecutivo insieme al Gabinetto (un Consiglio dei ministri), nominato da lui stesso e guidato da un Primo ministro.

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Il potere legislativo è detenuto dall’Assemblea nazionale, Milli Mǝclis in azero. L’Assemblea, unicamerale, è formata da 125 membri, eletti anch’essi con mandato di cinque anni. Non può essere sciolta dal presidente, il quale però dispone di un diritto di veto sulle decisioni (che si può superare con una maggioranza di 95 voti in Assemblea). Il potere giudiziario è amministrato dalla Corte Suprema e dalla Corte Costituzionale.

La carica di presidente è attualmente detenuta, dal 31 ottobre 2003, da Ilham Aliyev, mentre il Primo ministro, dall’aprile 2018, è Novruz Mammadov. Nel Paese, pur esistendo istituzioni democratiche, sono state segnalate molte irregolarità in occasione delle ultime elezioni, e l’organizzazione non governativa “Freedom House” ha collocato l’Azerbaigian sulla linea di confine tra Paese “non libero” e “parzialmente libero”.

Economia

Dopo il distacco dall’URSS, il comparto economico ha rivelato tutte le sue potenzialità. Negli ultimi anni (soprattutto a partire dal 2003) si è parlato di tassi di crescita “cinesi” per il Paese: si rileva ad esempio una crescita economica con punte del 34% tra il 2006 e il 2008. Il pilastro portante dell’economia azera è certamente il petrolio. Se c’è un uomo che ha saputo cavalcare l’onda lunga del boom petrolifero è proprio l’attuale presidente Ilham Aliyev, il quale, fin dall’inizio del suo mandato nel 2003, ha saputo sfruttare al massimo la costante risalita dei prezzi dell’oro nero ed è riuscito a cambiare il volto del Paese.

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L’Azerbaigian ha iniziato negli ultimi anni a diversificare la propria economia, tentando di ridurre la dipendenza dagli idrocarburi e investendo soprattutto in trasporti, infrastrutture e telecomunicazioni. In realtà, questo cambio di rotta non è riuscito nei suoi propositi, a causa del petrolio e di molti altri fattori: la svalutazione del manat (la moneta nazionale), un sistema bancario sotto stress, l’aumento del debito pubblico, la corruzione crescente negli ultimi anni. Aliyev continua tuttavia a sostenere che il Paese si è avviato verso una lenta ripresa economica e si può dire che i suoi sforzi in questo momento sono volti soprattutto a incoraggiare gli investitori stranieri, favorendo il loro ingresso nel mercato azero tramite una semplificazione burocratica. Probabilmente, proprio una politica di questo tipo unita a una migliore gestione del conflitto del Nagorno-Karabakh potrebbe rilanciare nuovamente l’Azerbaigian.

La produzione di petrolio va progressivamente declinando e si prevede che sarà il settore del gas a sostenere la crescita del Paese nei prossimi anni. Proprio su questa previsione si sono basate le istituzioni, promuovendo la costruzione del gasdotto Trans Adriatic Pipeline (TAP), lungo 870 km, che farà arrivare il gas di provenienza azera nei mercati europei attraverso il corridoio meridionale (Grecia-Albania-Mar Adriatico-Italia).

Società e diritti

Per quanto concerne la composizione etnica e l’appartenenza confessionale, la popolazione dell’Azerbaigian è abbastanza omogenea: più del 90% degli abitanti è di etnia azera e per la quasi totalità di fede musulmana. Tra l’altro, l’80% circa dei musulmani locali appartiene alla confessione sciita, e questo rende il Paese uno dei pochi luoghi, oltre a Iran, Bahrain e Iraq, in cui gli sciiti rappresentano la maggioranza. La dominazione sovietica, comunque, ha introdotto un profondo laicismo e ciò fa sì che la religione non rappresenti un fattore dominante nelle politiche azere.

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La diaspora azera è piuttosto rilevante in termini numerici. I più grandi insediamenti di comunità azere si trovano nel nord dell’Iran, in Russia, in Turchia, Nord America ed Europa. A livello interno, invece, la più alta densità di popolazione si registra nella zona orientale, vicino alla capitale Baku.

Per quanto riguarda i diritti civili e politici, in Azerbaigian si rilevano non poche criticità. Il processo di democratizzazione del Paese è fortemente limitato dalle dinamiche istituzionali, con il presidente Aliyev al potere da più di 15 anni. Esiste una consolidata tradizione in termini di repressione del dissenso e un controllo capillare dei media e dell’informazione.

Difesa e sicurezza

Fin dall’indipendenza, ottenuta nel 1991, la politica estera e di difesa dell’Azerbaigian si è basata su due pilastri fondamentali: l’emancipazione e autonomia dalla tutela militare della Russia e il tentativo di riacquisire i territori del Nagorno Karabakh. Il governo di Baku ha collaborato in diverse occasioni con la NATO, attraverso la Partnership for Peace e l’Euro-Atlantic Partnership Council, contribuendo anche alle missioni in Afghanistan e in Kosovo. Anche la volontà di entrare a far parte dell’Alleanza Atlantica ha sempre trovato la forte opposizione di Mosca.

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Altro punto da considerare in termini di sicurezza è il legame che l’Azerbaigian ha intrecciato con la Turchia. Nel dicembre 2010 i due Paesi hanno firmato un accordo sul Partenariato strategico e l’assistenza reciproca: in questo modo, se uno dei due Stati fosse attaccato o aggredito, l’altro dovrebbe prestare aiuto.

Il conflitto del Nagorno Karabakh è sicuramente il nodo più intricato per la politica estera e di difesa. Baku ha più volte minacciato l’uso della forza come ultima opzione per riprendere il controllo su quei territori; dichiarazioni che rientrano nell’approccio bellicoso certo utile come catalizzatore di consenso interno. L’Azerbaigian, tra l’altro, ha costantemente innalzato le spese militari, grazie anche ai ricavi dal settore energetico. Nel 2016 la spesa militare ha raggiunto il 3,6% del PIL.

Passato

Non si può parlare della storia dell’Azerbaigian se non si tiene in considerazione il rapporto tormentato che c’è stato con il gigante russo soprattutto negli ultimi secoli. Nel lontano 1813, infatti, il Trattato di Golestan sancisce l’appartenenza di Baku all’impero russo. 46 anni dopo, nel 1859, viene istituita la Gubernija di Baku, il cui territorio (oggi compreso nell’Azerbaigian) era sotto il controllo russo.  La situazione rimane invariata fino a quando nel 1917 scoppia la rivoluzione russa. Infatti solo un anno dopo gli azeri dichiarano la propria indipendenza ma il tentativo è vanificato da una dura repressione dei bolscevichi. Tra il ’20 e il ’22 il territorio azero fu unito formalmente alla Repubblica Russa fin quando nel 1922 divenne parte dell’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (URSS) e, insieme ad Armenia e Georgia, parte della Repubblica Socialista Federativa Sovietica Transcaucasica. Quest’ultima resiste fino al 1936 quando ognuno di questi tre stati divenne una Repubblica Socialista Sovietica, tra cui anche la Repubblica Socialista Sovietica Azera.

Durante la seconda guerra mondiale la RSS azera fornì la maggior parte del petrolio all’Unione Sovietica contro la Germania. Inoltre, sempre durante il conflitto, i tedeschi tentarono più volte di conquistare il territorio azero, ma furono sempre respinti dall’esercito sovietico.

A partire dal 1985 il segretario generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica, Michail Gorbacev, avviò un processo di liberalizzazione interna condotto all’insegna della glasnost, tradotto spesso con “pubblicità” o ancora meglio “trasparenza”. Era l’inizio del rilancio di un dialogo con l’occidente ma, soprattutto, ciò fu percepito nei popoli sotto il controllo sovietico come una possibilità per far emergere le proprie tendenze autonomiste. Si diffuse in quel periodo una netta accentuazione verso spinte separatiste.

In territorio azero la causa era portata avanti soprattutto dal Fronte Popolare dell’Azerbaigian, partito fondato nel 1988 per iniziativa di singoli individui patriottici azeri che si ponevano come obiettivi la libertà, la sovranità e la democrazia. All’inizio del 1990 il Fronte Popolare mobilitò i cittadini e si susseguirono scontri e manifestazioni per l’indipendenza nelle piazze. Il 19 gennaio Gorbacev rispondeva firmando un documento che introduceva lo stato d’emergenza a Baku e in altri luoghi dell’Azerbaigian. Per due giorni (19-20 gennaio) iniziò una violenta repressione da parte dell’esercito sovietico. Cifre ufficiose riferiscono oltre 300 morti e 800 feriti ma, quello che da allora diverrà noto come gennaio nero, era stato un ulteriore duro colpo all’Unione Sovietica.

In agosto 1991 si era tentato nell’URSS un colpo di stato ai danni di Gorbacev. Se è vero che il colpo di stato fallì clamorosamente, è anche vero che diede l’impulso definitivo alla disgregazione dell’autorità centrale. Lentamente tutti gli stati facenti parte dell’URSS si staccarono. La data d’indipendenza dell’Azerbaigian è fissata al 18 ottobre 1991.

Il presidente da segnalare per l’ultimo spezzone del ventesimo secolo è sicuramente Heydar Aliyev. Senza dubbio egli ottenne interessanti in campo economico, basando i suoi successi soprattutto sul petrolio e su investitori esteri. Tutto questo però fu pagato dagli azeri a caro prezzo: sotto la sua presidenza infatti l’Azerbaigian divenne uno dei paesi più corrotti al mondo e molti sono arrivati a targare il governo Aliyev come una vera e propria cleptocrazia (il governo-apice della corruzione).

Heydar Aliyev riuscì, nonostante alcuni problemi di salute, a mantenere il potere fino al 2003 e, due mesi prima di morire, era il protagonista del passaggio di consegne del paese dalle sue mani a suo figlio Ilham Aliyev, unico candidato nelle elezioni presidenziali di quello stesso anno.

Solo un anno dopo il raggiungimento dell’indipendenza, l’Azerbaigian dovette fronteggiare il conflitto per la regione del Nagorno-Karabakh. La popolazione della regione, enclave armena in territorio azero, rivendicò infatti la sua autonomia dall’Azerbaigian e si autoproclamò indipendente il 6 gennaio 1992. Alla fine dello stesso mese gli azeri iniziavano i bombardamenti sulla regione.

La maggioranza etnica armena nel Nagorno Karabakh, sostenuta ovviamente dalla Repubblica Armena, alla fine ebbe la meglio e dopo due anni di conflitti intensissimi si giunse a una cessazione del conflitto solo il 5 maggio 1994, con gli accordi di Biskek.

La situazione rimane attualmente ancora estremamente tesa e non sono state poche le occasioni di una ripresa delle ostilità, come ad esempio la guerra dei quattro giorni ad aprile 2016. L’attuale presidente azero Ilham Aliyev ha dichiarato nel 2008: “Il Nagorno-Karabakh non sarà mai indipendente e l’Armenia deve accettare questa realtà”.

La Repubblica del Nagorno-Karabakh ancora oggi non è stata riconosciuta dalla comunità internazionale.

Presente

L’Azerbaigian, oggi membro del Consiglio d’Europa e dell’Unione Europea di Radiodiffusione, appare una realtà consolidata in ambito internazionale. Molti stati hanno intrapreso buoni rapporti con questo paese anche e soprattutto per le sue immense risorse petrolifere. Tuttavia i problemi che gli azeri devono affrontare oggi non sono pochi.

L’Azerbaigian negli ultimi anni è stato definito uno dei paesi più corrotti del mondo. In effetti a partire dal 1993 al potere ci sono stati solo due membri della famiglia Aliyev: il padre Heydar (1993-2003) e il figlio Ilham dal 2003 fino ad oggi. Sono oltre 25 anni di presidenza nei quali sono stati denunciati più volte brogli elettorali e durante i quali sono state approvate anche molte riforme che sembrano rafforzare ancora di più i poteri dei presidenti e la trasmissione degli stessi di padre in figlio.

Sullo sfondo, oltre a tutto ciò, non sono da sottovalutare un’inflazione crescente, una svalutazione della moneta nazionale (il manat) e una conseguente perdita dei posti di lavoro. In un paese dove il dissenso è considerato un crimine e dove si va accentuando sempre di più la distanza fra gli abitanti della capitale Baku e quelli delle periferie, non si sono potute evitare manifestazioni e scontri anche recentemente. Le spese folli per i Giochi europei di Baku del 2015 e per il nuovo circuito di Formula 1 non hanno certo aiutato a placare le proteste.

Il 30 ottobre del 2017 è diventata operativa la ferrovia Baku-Tbilisi-Kars che collega l’Azerbaigian con la Georgia e la Turchia. Il progetto in origine doveva essere completato nel 2010, ma diversi intoppi hanno ritardato i lavori. Si inserisce perfettamente nel contesto delle Nuove Vie della Seta, ma in realtà è un progetto che fu discusso per la prima volta nel 1993. L’Armenia ha protestato molto durante la realizzazione della ferrovia poiché ha accusato gli altri Stati di volerla marginalizzare. Le proteste sono state indirizzare ovviamente contro l’Azerbaigian, indicato come il principale attore e ideatore. Un altro fattore che ha portato tensione tra i due Paesi.

Futuro

I settori non energetici sembrano un ostacolo per l’Azerbaigian. Tutti gli sforzi negli ultimi anni sono stati concentrati sul petrolio e sugli oleodotti ad esso connessi, così che si prevede in futuro una diversificazione dei settori da cui attingere per la ripresa economica. In tal senso il presidente Aliyev ha già avviato importanti cambiamenti, volti a facilitare l’ingresso di capitali di investitori esteri nel paese.

Inoltre un altro problema chiave è quello rappresentato dalla corruzione, che ha avuto un vero e proprio “boom”, se così si può dire, a partire dalla presidenza di Aliyev padre. L’organizzazione non governativa “Freedom House” ha classificato l’Azerbaigian come paese “non libero”. Importanti limitazioni ai diritti civili e alla libertà di stampa sembrano non accennare a diminuire.

Infine è da segnalare la situazione riguardante la regione del Nagorno-Karabakh: la risoluzione dei rapporti con l’Armenia passa sicuramente da lì e una distensione dei rapporti porterebbe solamente benefici.