SERBIA
Anagrafica
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La nuova Costituzione del 2006 ha definito la Serbia una Repubblica parlamentare, con un capo dello Stato eletto a suffragio popolare diretto. Dalle elezioni presidenziali dell’aprile 2017 è in carica Aleksander Vucic, ex premier e leader dell’SNS (Partito progressista di ispirazione nazionalista). Il Primo ministro, dal giugno 2017, è Ana Brnabic, già ministro della Pubblica amministrazione nel governo di coalizione tra SNS e SPS (Partito socialista). Brnabic è la prima donna nella storia serba a ricoprire tale ruolo.
Economia
Durante le guerre balcaniche, oltre all’errata gestione economica di Milosevic e al lungo periodo caratterizzato dalle sanzioni internazionali, l’economia serba ha avuto un crollo drastico. Il Prodotto interno lordo, che nel 1990 toccava gli 11 miliardi di dollari, si è più che dimezzato nel giro di tre anni. Solo dal 1993 ha ricominciato a salire piuttosto lentamente, fino alla notevole accelerazione registrata dal 2003 per qualche anno. Nel 2017 il PIL serbo è arrivato a 39,4 miliardi di dollari.
L’industria, specialmente quella legata ai settori agroalimentari e chimici, e l’agricoltura, con cereali e patate in primis, restano ancora essenziali per l’economia serba, componendo circa il 40% del PIL. Il passaggio verso un’economia di servizi è avvenuto difatti in tempi più lenti rispetto agli altri Paesi balcanici.
Società e diritti
Durante gli anni ’90, la violenza e la criminalità organizzata hanno inciso in termini assai negativi sulla vita del Paese. La violenza chiama in causa gli ambienti nazionalisti serbi oltranzisti che attirano ancora oggi ampie fasce della popolazione, specialmente i giovani disoccupati. Si registra inoltre la presenza di una criminalità organizzata locale che mantiene una certa capillarità in alcune regioni del Paese.
Difesa e sicurezza
La Serbia ha abolito la leva obbligatoria dal 1° gennaio 2011, avviando un processo di professionalizzazione delle Forze armate; oggi il servizio militare è volontario, a partire dai 18 anni. Attualmente l’esercito serbo è il primo per dimensioni nella regione balcanica occidentale, contando 28.510 soldati in servizio attivo.
È in corso una modernizzazione e un potenziamento della difesa serba e dei suoi mezzi militari, e ciò rientra nell’ambito della politica di equilibrio tra Russia e Unione europea. Belgrado, infatti, ordina e acquista aerei, elicotteri e altri strumenti sia dalle aziende russe sia da quelle europee, la franco-tedesca Airbus su tutte. Negli ultimi due anni la spesa militare ha avuto conseguentemente un aumento, arrivando all’1,88% del PIL.
Passato
La Serbia si è formata nei secoli VI e VII, in seguito all’insediamento di popolazioni serbe nella penisola balcanica. Nel IX secolo esse si convertirono al Cristianesimo, e mentre riconoscevano di fatto la sovranità bizantina si autogovernavano tramite un’organizzazione statale detta Raska. Nel 1389 i serbi, dopo la battaglia di Kosovo Polje in cui furono sconfitti nettamente dagli ottomani, divennero tributari della Sublime Porta e il loro regno fu diviso. Solo nel 1459 fu sancita l’annessione formale della Serbia all’Impero Ottomano. Questa dominazione turca fu dura e repressiva: i contadini furono ridotti praticamente in schiavitù, mentre ai nobili vennero confiscati i beni. In questa pesante situazione, la forte identità nazionale serba sopravvisse aggrappandosi al fondamento principale, la Chiesa ortodossa. La dominazione durò fino agli inizi del XIX secolo. La lotta per la liberazione, grazie anche all’aiuto determinante della Russia, raggiunse l’obiettivo dell’autonomia serba nel 1812, venne sancita dal Trattato di Bucarest e ufficialmente riconosciuta con il Trattato di Adrianopoli nel 1829. La reale indipendenza della Serbia dalla Turchia fu formalmente riconosciuta dalle potenze europee nel congresso di Berlino del 1878, e quattro anni dopo, nel 1882, la Serbia diventò un regno. In quel periodo si registrarono forti sentimenti di ostilità nei confronti sia dell’impero austro-ungarico che della Bulgaria. Tutto questo condusse alle guerre balcaniche (1912-1913), in cui la Serbia svolse un ruolo da protagonista, uscendone come potenza regionale.
Il nazionalismo serbo accese la famosa scintilla destinata a far scoppiare il Primo conflitto mondiale, ovvero l’uccisione a Sarajevo dell’arciduca austriaco Francesco Ferdinando nel giungo 1914. Alla fine della guerra fu costituito il regno di Serbia, Croazia e Slovenia (1918), divenuto poi nel 1929 regno di Jugoslavia.
Durante la Seconda guerra mondiale, i partigiani comunisti, guidati da Josip Broz Tito, resistettero all’occupazione della Jugoslavia e alla sua divisione da parte dell’Asse. Alla fine del conflitto, Tito prese il pieno controllo, con il suo movimento politico-militare, della neo Repubblica Socialista Federale di Jugoslavia (RSFI).
Durante la Guerra fredda, la Jugoslavia adottò un modello politico-economico di stampo socialista, prendendo però le distanze dall’Unione Sovietica e ponendosi alla testa dei Paesi non allineati.
Nel 1989 Slobodan Milosevic divenne presidente della Repubblica di Serbia; fu l’apice del processo di “serbizzazione” delle strutture nevralgiche della Repubblica: Milosevic guidò infatti il passaggio da un modello socialista improntato sugli equilibri tra le varie etnie, a un sistema autoritario fortemente imperniato sul nazionalismo serbo. Questo processo, insieme al riemergere di sentimenti nazionalisti e istanze indipendentiste nelle varie Repubbliche, portò alla violenta rottura della Jugoslavia. Nel 1991, infatti, Croazia, Slovenia e Macedonia dichiararono l’indipendenza, seguite dalla Bosnia nel 1992. Queste dichiarazioni generarono due lunghi e sanguinosissimi conflitti che coinvolsero la Serbia: la guerra con la Bosnia-Erzegovina (1992-95) e quella con la regione secessionista del Kosovo (1998-99). Serbia e Montenegro formarono una nuova Repubblica Federale di Jugoslavia (FRY). Per tutti gli anni ’90 la Federazione si trovò isolata a livello internazionale e l’unico Paese che le fornì appoggio fu la Russia post-sovietica.
Milosevic fu cacciato nel 2000 e fu istituito un governo democratico. Nel 2003 la FRY divenne Unione degli Stati di Serbia e Montenegro, una libera Federazione delle due Repubbliche. Nel 2006 il Montenegro si è poi dichiarato Nazione indipendente.
Nel 2008 la provincia autonoma del Kosovo ha dichiarato a sua volta la propria indipendenza dalla Serbia, ma Belgrado tuttora non riconosce questo passaggio.
Presente
La questione del Kosovo è ancora ben lontana dal risolversi, nonostante gli sforzi e i passi avanti compiuti negli ultimi anni nel processo di stabilizzazione e normalizzazione dei rapporti tra i due Paesi. La Serbia di fatto, insieme ad altri Stati, non riconosce il Kosovo come Stato sovrano e indipendente, considerandolo ancora una sua provincia autonoma.
La politica estera della Serbia si è da sempre caratterizzata per l’ambivalenza tra Russia e Unione europea. Negli ultimi anni Belgrado ha mostrato un elevato interesse a completare il processo di integrazione comunitaria e nel marzo 2012 il Paese ha infatti ottenuto lo status di candidato; il 21 gennaio 2014 si è svolta la prima Conferenza intergovernativa per l’avvio delle trattative per l’ingresso nello spazio comunitario. A partire dal luglio 2017, inoltre, il governo serbo ha aperto 12 nuovi capitoli negoziali, tra cui uno sul commercio estero, necessari alla conclusione delle trattative con Bruxelles. Secondo le previsioni, il processo negoziale dovrebbe concludersi entro il 2019, per poi giungere a una piena e reale membership nel 2021.
Nonostante il plausibile e imminente ingresso nell’Unione europea, la Serbia non ha reciso i suoi legami con la Russia, un partner politico ma soprattutto economico-commerciale, vista la dipendenza serba dall’import del gas naturale di Mosca.
Soprattutto per questo motivo, sebbene ci sia stato un avvicinamento agli Stati Uniti e alla Nato in chiave di sicurezza e cooperazione, la Serbia non ha alcuna intenzione di entrare a far parte dell’Alleanza Atlantica. La popolazione serba, infatti, accusa ancora oggi la Nato di avere illegittimamente sostenuto la causa kosovara e di avere bombardato il Paese durante la campagna militare del 1999.
La Serbia, inoltre, è uno Stato “osservatore” rispetto alla World Trade Organization. I negoziati sono in fase avanzata, ma resta da superare un principale ostacolo per l’adesione, ossia quello relativo al totale divieto del Paese di commerciare e coltivare prodotti agricoli biotecnologici.
Futuro
La politica di equilibrio che la Serbia conserva tra Unione europea e Russia potrebbe giungere a un punto di svolta nel momento in cui Belgrado entrerà ufficialmente all’interno della Comunità europea. In quel momento, l’approccio dovrà essere univoco, senza lasciare spazio a fraintendimenti.
Le prospettive di crescita dell’economia nazionale sembrano essere strettamente legate alla stabilizzazione del quadro finanziario pubblico e al processo di privatizzazione in atto. Proprio su questo fronte, la Cina potrà giocare un ruolo sempre più determinante, visto che, grazie al suo strapotere finanziario, investirà fortemente sul territorio serbo.